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Chiarimenti del Ministero della Salute sui limiti per l’Aflatossina M1

Il Ministero della Salute ha recentemente pubblicato una circolare per armonizzare le norme nazionali a quelle comunitarie riguardo i limiti di concentrazione dell’aflatossina M1 nei prodotti caseari.


È stata recentemente pubblicata in Gazzetta Ufficiale la circolare del Ministero della Salute riguardo i limiti di concentrazione dell’aflatossina M1 nei formaggi.

Il documento, “Criterio per la classificazione dei formaggi e fattori di concentrazione (art. 2 del regolamento CE 1881/2006 e sm) per l’aflatossina M1 nei formaggi”, è stato emesso per far fronte alle criticità evidenziate in fase di controllo ufficiale nel definire i fattori di concentrazione da applicare per le diverse tipologie di formaggi campionati.

Si è reso necessario a tal fine armonizzare la normativa nazionale sulla disciplina dei fattori di concentrazione dell’aflatossina M1 con le norme comunitarie di classificazione dei formaggi.


Cos’è l’aflatossina M1 e come arriva nei formaggi:

Le aflatossine sono micotossine prodotti da funghi del genere Aspergillus che si possono ritrovare nei prodotti alimentari. 

Le aflatossine sono purtroppo note per le loro proprietà genotossiche e cancerogene, per cui l'esposizione del consumatore tramite gli alimenti deve essere mantenuta il più bassa possibile.

Alimenti potenzialmente contaminati da aflatossine sono arachidi, frutta a guscio, granoturco, riso, fichi e altra frutta secca, spezie, oli vegetali grezzi e semi di cacao, a seguito di contaminazioni fungine avvenute prima e dopo la raccolta.

In natura esistono diversi tipi di aflatossine, ma quelle più diffusa negli alimenti è la B1, che è anche una delle più tossiche.

Nell’uomo e negli animali dall’aflatossina M1 vengono prodotti metaboliti, e il principale è proprio l’aflatossina M1, che quindi si ritrova nel latte degli animali alimentati con mangimi contaminati dall’aflatossine B1.


Limiti di concentrazione per l’aflatossina M1:

Considerato che l’aflatossina M1 viene classificata come agente potenzialmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B secondo la classificazione dello IARC), il Regolamento CE 1881/06 ne ha stabilito i seguenti limiti di concentrazione:

Alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento, compresi il latte per lattanti e il latte di proseguimento: 0.025 µg/Kg;

Alimenti dietetici ai fini medici speciali destinati ai lattanti: 0.025 µg/Kg;

Latte crudo, latte trattato termicamente e destinati alla produzione di alimenti a base di latte: 0.050 µg/Kg.

Tali limiti sono riferiti al latte, non ai formaggi. Per questi ultimi è necessario definire fattori di concentrazione o diluizione della sostanza nel prodotto finito.

Nella caseificazione, ovvero nel processo di produzione del formaggio, l’aflatossina M1 si concentra nella cagliata e non nel siero: a seconda del tipo di formaggio quindi, si potrà avere una concentrazione maggiore o minore dell’aflatossina contenuta nel latte di partenza.

È quindi importante, per stabilire i livelli di concentrazione di aflatossina M1 nei prodotti caseari, che a livello comunitario vi sia una classificazione uniforme dei formaggi, ed è questo che si è cercato di fare con la circolare.


Cosa devono fare gli OSA:

Per essere conforme alla circolare del Ministero della Sanità l’autorità competente dovrà indicare in modo dettagliato la denominazione del formaggio o allegarne copia dell’etichetta, di modo tale da consentire al laboratorio di analisi di effettuare la classificazione.

Se disponibili, si devono riportare i fattori di concentrazione definiti dall’OSA.

L’OSA, conformemente all’ dall’art 2 del Reg. UE 1881/06, continua ad essere responsabile per identificare e fornire all’autorità competente in fase di controllo ufficiale i fattori specifici di concentrazione o diluizione,  e per fare questo deve necessariamente definire i coefficienti di concentrazione dei propri prodotti attraverso specifiche analisi quantitative dell’aflatossina M1.

In assenza di dati degli OSA o se tali dati sono ritenuti non idonei, sarà la stessa autorità competente a definire il fattore in base alle informazioni disponibili e adotterà quelli indicati dal Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare rispettivamente per i formaggi a pasta tenera e prodotti derivati dal siero e per i formaggi a pasta dura.

Secondo la Circolare del Ministero della Salute, all’interno delle due categorie principali appena indicate, devono includersi anche le categorie indicate nella Decisione della Commissione 97/80/CE secondo la quale i formaggi sono classificati, in base al fattore di umidità del formaggio magro, in formaggi a pasta molle, a pasta tenera, a pasta semi-molle, a pasta semi-dura, a pasta dura, a pasta extra-dura.


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